Gli ultimi appunti di Josè Saramago

"Penso che nella società attuale ci manchi la filosofia. Filosofia come spazio, luogo, metodo di riflessione, che può anche non avere un obiettivo determinato, come la scienza che invece procede per soddisfare i suoi obiettivi. Ci manca la riflessione, pensare, necessitiamo del lavoro di pensare e mi sembra che, senza idee, non andiamo da nessuna parte." Gli ultimi appunti di Josè Saramago

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martedì 30 marzo 2010

STORIA DELLA COLONNA INFAME

Ancora abbiam commesso lo stesso crimine! Ancora ci siamo abbassati a servire il potere malato di chi vuole la nostra testa! Ancora abbiamo creduto che la salvezza venisse dai terrificanti volti sorridenti! Ancora una volta la maschera della morte ci ha ingannato perchè noi abbiamo scelto di farci ingannare! Ancora abbiamo ascoltato la voce di chi grida di più proclamando anatèmi. Ancora ci siamo arresi alla soluzione meno impegnativa, più fraudolenza, più corrotta, più servilista! Ancora speriamo che lo straniero lavi i nostri panni sporchi! Ancora crediamo che solo qualcuno dall'esterno possa salvarci! E mentre aspettiamo questo deus ex machina che venga a cambiare lo status quo della nostra immondizia morale, apriamo pure le porte al razzismo, alla corruzione, al malcostume, alla dittatura a zona. Convinti forse come una certa mentalità calcistica di un bel pò di anni fa che ognuno debba esercitare l'autorità federale: nessuno si muova dalla propria zona e lasci le altre a giocare se stesse.
Ergo: lunga vita alle associazioni illegali, le anticostituzionali e a morte la magistratura!
Forse di nuovo come un secolo fa abbiamo bisogno di emigrare, non solo per cercare il lavoro che ci ridìa identità professionale, ma proprio, e differentemente da quanto accadeva allora, per dissociarci dal marciume ideologico e fazioso in cui siamo immersi fino al collo.


"Ahi! serva Italia ancora coi fascisti,
e con quell'imbroglione da operetta,
ladruncolo lacchè di tangentisti!
Le tivù ci hanno fatto l'incantesimo...
Se non scarica il cielo una saetta,
tutti servi del secolo ventesimo!
Patrizia Valduga, Corsia degli incurabili, 1996



lunedì 29 marzo 2010

PAVANE POUR UNE INFANTE DEFUNTE

Volevo scrivere di ciò che sta accadendo in Italia stasera; poi mi sono fermata. Basta ancora parole. La parola che crea a volte è fatta di silenzio.
C'è un profeta in Italia che ha scritto amare verità scomode, ha raggiunto il successo e vive nascosto suo malgrado; è osannato e minacciato di morte. Sa scrivere e raccontare la verità, ma qualcuno ha deciso che la pagherà per questo.  Qualche anno fa scrisse un libro che ha fatto il giro del mondo. In Italia è venduto ovunque, ma è la vergogna del posto che racconta. Nonostante la sua fosse una scrittura di denuncia con tanto di prove.
Stasera mi accorgo che, ancora una volta, "abbiamo cambiato tutto perchè tutto restasse uguale."

Il libro è Gomorra, il suo autore, lo conosciamo tutti, è Roberto Saviano.


"Io so e ho le prove. 
Io so come hanno origine le economie e dove prendono l'odore.
L'odore dell'affermazione e della vittoria. Io so cosa trasuda il profitto. 
Io so.
E la verità della parola non fa prigionieri perché tutto divora e di tutto fa prova. 
E non deve trascinare controprove e imbastire istruttorie.
Osserva, soppesa, guarda, ascolta.
Sa.
Non condanna in nessun gabbio e i testimoni non ritrattano. Nessuno si pente. 
Io so e ho le prove.
Io so dove le pagine dei manuali d'economia si dileguano mutando i loro frattali in materia, cose, ferro, tempo e contratti.
Io so.
Le prove non sono nascoste in nessuna pen-drive celata in buche sotto terra. Non ho video compromettenti in garage nascosti in inaccessibili paesi di montagna. Né possiedo documenti ciclostilati dei servizi segreti. Le prove sono inconfutabili perché parziali, riprese con le iridi, raccontate con le parole e temprate con le emozioni rimbalzate su ferri e legni. 
Io vedo, trasento, guardo, parlo, e così testimonio, brutta parola che ancora può valere quando sussurra: "È falso" all'orecchio di chi ascolta le cantilene a rima baciata dei meccanismi di potere. 
La verità è parziale, in fondo se fosse riducibile a formula oggettiva sarebbe chimica. 
Io so e ho le prove. 
E quindi racconto. Di queste verità."




venerdì 26 marzo 2010

RIVOLUZIONE APERTA

Nel 1956 viene pubblicata  Rivoluzione Aperta, l’opera in cui Aldo Capitini ricordò l’esperienza di Danilo Dolci e chiarì il suo concetto di rivoluzione nonviolenta: “ci diciamo senz’altro rivoluzionari proprio perché non possiamo accettare che la società e la realtà restino come sono, con il male, che è anche sociale, ed è l’oppressione, lo sfruttamento, la frode, la violenza, la cattiva amministrazione, le leggi ingiuste." Cambiamento per Capitini era liberazione da tutto questo, era rinascita come persone affrancate intimamente, persuase che la realtà era costituita dall’orizzonte di chi tentava di realizzare la compresenza, nell’intima essenza della comunità aperta. Le armi della rivoluzione capitiniana sono “le armi dell’unione con altri, della solidarietà, della protesta nonviolenta, dello sciopero a rovescio, della noncollaborazione col male, del sacrificio; e queste armi le usano con maggiore efficienza i poveri, i deboli, i sofferenti”
Estratto dalla mia tesi di laurea

domenica 21 marzo 2010

NEVER ON SUNDAY

Ciò che alla fine va ristretto
deve prima essere esteso.
Ciò che va indebolito
deve all'inizio essere rafforzato.
Ciò che va rovesciato
deve all'inizio essere drizzato.
Colui che vuol prendere
deve cominciare a dare.

Lao Tzu

lunedì 15 marzo 2010

MORITURI TE SALUNTANT

Mi hanno insegnato, pagando profumatamente, che se vuoi avere valore aggiunto devi essere te stesso e devi avere una competenza che altri non hanno. Io rispondo dopo anni di prove che quel valore aggiunto mi continua a segare le gambe su ogni fronte. L'eccellenza non interessa a nessuno, e neanche il valore. Se vali, presumibilmente avrai una vita molto difficile, per usare un eufemismo. La detenzione di valori e competenze è una cosa desueta e frastornante. Se vivi con dei valori forti dentro, se ti batti in nome della coerenza, se procedi senza derogare mai dai tuoi principi, in capo a poco tempo pagherai un prezzo molto caro: sarai esule nel territorio che ami di più, straniero rinchiuso. Messo alla gogna. Umiliato pubblicamente. Deriso.

O almeno così mi sento oggi.

Vivo da anni la contraddizione tra fare un lavoro per adattarsi e guadagnarsi dignitosamente la propria indipendenza e cercare di continuare a essere aggiornata e continuare a credere che arriverà il momento in cui potrò fare ciò che realmente mi compete. Da un lato lavorare per vivere, dall'altro voler lavorare per edificare me stessa e contribuire in modo costruttivo alla società in cui vivo.
Risultato: ceffoni e botte. Bastonate e umiliazioni. Selezionatori che si sentono ILDIOCASTIGATORE, gestori di agenzie per il lavoro che ti liquidano con parole da mercato del pesce, dipendenti pubblici che non hanno un'idea di che significhi valore del lavoro. E tu sei il povero disperato che non vale niente e che niente può valere. Attendano pure ad libitum titoli, esperienza, viaggi all'estero, conoscenze, competenze. E chi più ne ha più ne metta. Se sul curriculum c'è scritto che hai studiato con risultati eccellenti, che hai fatto un sacco di lavori, che sei stato all'estero, che hai fatto diverse attività per formarti umanamente, che hai svariati interessi, sappi che non basta. E non solo non basta: perdi! Perdi contro l'approssimazione, la superficialità, l'ignoranza, la bassezza di valori umani e sociali. Perdi perchè la società vuole che ti abbassi le braghe, non che usi la testa. E, lasciamelo dire, è peggio ancora se sei meridionale al nord. Ed è peggio ancora se sei una donna. Del resto la storia ci insegna che una donna di valore il massimo che ha potuto fare è stato supportare un  uomo, che è diventato un grande. Perchè per lei non c'era posto. 
Io ostinatamente continuerò a supportare ed educare i piccoli che domani potranno contare sulla propria armatura: l'intelligenza, la volontà e la libertà di pensiero. Ostinatamente continuerò a occuparmi di educazione e istruzione nel mio piccolo, guadagnando due soldi, piangendo in silenzio la mancanza di riconoscimento. Ostinatamente, e gratuitamente se necessario, continuerò a lavorare perchè sia dato valore alla conoscenza. Con fronte di ferro continuerò a stare in piedi di fronte al nemico saccente e povero che ha nome IGNORANZA MISERABILE.  Ma, Dio me ne sia testimone, non abbasserò il tiro! Non abiurerò il mio amore smisurato per la Sofia! 

"Libertà vo cercando, ch'è sì cara
come sa chi per lei vita rifiuta."

venerdì 5 marzo 2010

IL REATO D'AVER STUDIATO CON PASSIONE

Riflettevo oggi pomeriggio con un mio ex collega di master (neoavvocato per 150 euro al mese in nero) sull'amara situazione del mercato del lavoro in Italia. Riflessione non nuova, ma che torna a vertere sempre intorno allo stesso argomento perchè per ogni giorno che passa ci sembra sempre più inverosimile e paradossale. Mille volte ci siamo detti che dobbiamo mettere da parte titoli e qualifiche varie perchè al momento l'essere troppo qualificati è squalificante e fuori luogo. Ci siamo anche detti che bisogna cambiare zona di lavoro perchè l'ingratitudine contrattuale del Sud è nota a tutti, che al Nord ci sono maggiori opportunità, che un lavoro si trova grazie alla tenacia, alla vista lunga. Ci siamo detti che siamo disposti a fare qualunque lavoro che ci permetta di crescere a livello di ciò che abbiamo raggiunto solo sulla carta. Abbiamo migliorato n elevato a n  volte il curriculum vitae, lo abbiamo adattato di volta in volta a ciascuna posizione lavorativa richiesta, abbiamo fatto colloqui lungo tutto l'appennino, soggiornato in varie città facendo un porta a porta di curriculum, abbiamo migliorato le nostre tecniche comunicative (abbiamo studiato per fare i selezionatori o questo è quello che ci hanno venduto), abbiamo curato relazioni, esplorato situazioni, partecipato a convegni, eventi, manifestazioni. Consultato selezionatori di aziende famose, chiesto pareri. Continuiamo a divorare le rubriche economiche per capire gli andamenti. Quello che al momento sappiamo è che l'area Risorse Umane per cui nel 2003 spendemmo €8000 per finanziarci la formazione sembra svanita nel nulla. Ma questo è ancora volere un lavoro "altolocato" che peraltro la vecchia guardia non è disposta a mollare. No, non chiedo più un lavoro nelle Risorse umane. Non chiedo più un lavoro che non esiste. So che al momento la funzione risorse umane è in mano a un manipolo di eletti che ne decide le sorti (laddove non prende ordini) in quasi tutte le aziende. Negli Stati Uniti il laureato in filosofia (per fare l'esempio più estremo di laurea umanistica) fa il risolutore di problemi aziendali ed è strapagato per la sua abilità di problem finding/solving. E questo semmai non abbia avuto voglia di fare il docente in qualche campus o istituzione di ricerca dove comunque sarebbe stato pagato dignitosamente. In italia un laureato in materie umanistiche forse, se riesce, fa il portaborse a qualche docente universitario. Se la fortuna si è fermata dinanzi a lui. Altrimenti prova a scrivere, in epoca in cui pubblicano libri pure i vermi (basta che abbiano i soldi per pagare) in un attimo in cui non brucano le foglie nelle  mie fioriere. Oppure fa il centralinista outbound per qualche azienda che sciacalla sulle carogne. O se è donna avrà maggiore fortuna come promoter oppure hostess se è alta. La scuola cos'è? Che ne parlo a fare? Quella è una tragedia nella tragedia. E mi fermo a una disamina sui laureati in materie umanistiche. Rimane pur sempre la stagione nella riviera romagnola, no?
In genere la mia critica non finisce mai senza proporre una soluzione fattiva. Nonostante questa società mi abbia messo in ginocchio più volte, son tornata sempre in piedi in tutta la mia dignità. Non è mai riuscita a farmi mollare l'osso. Ho avuto dalla mia dei genitori che hanno creduto ciecamente e fieramente nel valore dell'istruzione (scuola, sport, musica): sono riusciti a crescere una donna piena di principi e di forza di volontà, ma oggi sento un gran peso. Il valore non dipende dalla forza: vince chi si adatta meglio, non il più forte. O così ha dimostrato la specie finora. 
Insegno ad un mio piccolo allievo, prima ancora di una materia specifica, il valore della conoscenza, l'importanza della Sofia. E mi ostino a credere che tutto il valore dell'uomo, insieme alla capacità d'Amare, stia lì. Ma la difesa di questo valore è sempre continuamente attaccato da quello che la società "insegna" a questi piccoli: il qualunquismo, l'approssimazione, la superficialità, il bigottismo, la delega di responsabilità. Ricordo un episodio durante il master: compilavano una griglia di rilevazione di certe competenze e una mia collega voleva mettere come valore più basso la dicitura NON ESISTENTE. Io le feci notare che secondo me una competenza non poteva essere non esistente, ma piuttosto NON RILEVATA perchè magari quel candidato al momento non lasciava trasparire quella capacità, forse anche in vista di una nostra incapacità di rilevarla. La spuntai con molta difficoltà. Ma credo che la lotta sia sempre la stessa: lasciare all'altro la possibilità di mettersi in gioco, di provare. Ma dall'altra parte se non c'è questa disponibilità alla fiducia intellettuale, umana, dove finiamo? Se non giochiamo con regole di competenza e di reale preparazione, dove approdiamo? Dove finiremo a furia di etichettare tutto con la nostra approssimazione e arroganza di sapere?
Il mercato del lavoro, per dirla con le parole di un tale, ammazza uomini morti. Ma Socrate, padre del Dialogo, difendendo la sua vita di fronte all'accusa di corruttore di giovani e ateo, si pronunciò così: "Io vado a morire e voi a vivere. Chi di noi due abbia un destino migliore, solo gli dei lo sanno." Scelse la coerenza a costo della vita.
Perciò, nonostante tutto, Signori, io continuo a dire: Ad maiora!