Gli ultimi appunti di Josè Saramago

"Penso che nella società attuale ci manchi la filosofia. Filosofia come spazio, luogo, metodo di riflessione, che può anche non avere un obiettivo determinato, come la scienza che invece procede per soddisfare i suoi obiettivi. Ci manca la riflessione, pensare, necessitiamo del lavoro di pensare e mi sembra che, senza idee, non andiamo da nessuna parte." Gli ultimi appunti di Josè Saramago

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venerdì 27 agosto 2010

Fortuna imperatrix mundi

La parola che crea è la potenza di cielo che si dispiega. La parola che crea è una visione che diventa un progetto esecutivo. Un sogno che ho il coraggio di pianificare nei minimi dettagli, fin quando non lo vedo realizzato. 

Durante il mio progetto erasmus in Germania assistei al magnifico spettacolo dell'esecuzione dal vivo dei Carmina Burana, esperienza che ha lasciato dentro di me un'indelebile emozione che, al momento opportuno, ancora oggi, a distanza di 12 anni, mi fa librare in volo nel cielo dell'immaginazione. Un'orchestra di seicento elementi e un coro di mille persone non è cosa che capiti così frequentemente.
Sono peraltro profondamente affascinata dalla potenzialità della voce umana. Per me quell'esperienza è annoverata tra le "esperienze di cielo". Ricordo che a un certo momento saltò l'amplificazione e fu come ritrovarsi nella gola di una montagna con l'universo  che mi cantava nelle orecchie. 


I Carmina Burana sono componimenti poetici in latino del XIII secolo, ripresi da Carl Orff e messi in musica nel 1936. Musica  ancora oggi utilizzata in ogni dove, in climi epici e futuristici, dal cinema alla tv, alla pubblicità.
Lì dentro c'è la parola che crea, che insieme alla musica origina una potenza narrativa virile.

Stamattina riflettevo con Nicola Lecca sul concetto di Fortuna. La Fortuna per i latini era la sorte favorevole e assumeva un significato più neutro rispetto all'italiano, dove invece ha maturato una marcatura di concetto più legata all'"inaspettato a favore", regolato unicamente dai capricci di una dea (donna e capricciosa!!!).
Nella nostra mentalità la fortuna è qualcosa che capita, qualcosa impossibile da programmare, come ad esempio una vincita al lotto, un lavoro gratificante, un amore da leggenda: per quanti calcoli uno possa fare, sfidare le leggi della probabilità, basandosi sulla scienza statistica, tutto ciò può rivelarsi fallimentare e frustrante, perchè in realtà chi decide, chi fa girare la ruota è solo la dea, donna impossibile da piegare a favore della nostra sorte, donna dallo sguardo vuoto, imperatrice indomabile, senza scettro, ma con tutto il potere che possa esistere a sua disposizione.
Avere o meno perciò risulta essere in completo potere suo. A noi non rimane che provarci e sperare che il suo sguardo ci baci. 
Questa specie di fatalismo (dai più confermato da fatti armati di logica stringente) è in realtà fortemente rifiutato da certe correnti di pensiero americane secondo cui invece homo faber fortunae suae: un motto latino, si badi bene! (in realtà la prima iscrizione di letteratura latina a noi pervenuta): ognuno è artefice della proprie sorte. Gli americani, si sa, son bravissimi nel pragmatismo! Una storia tra tutte: Stephen Spielberg.
Spielberg iniziò la propria carriera spacciandosi a diciassette anni per un regista, infiltrandosi negli studi della Universal in giacca e cravatta, rimediando poi una roulotte con la targa "Stephen Spielberg regista", facendo la posta a ogni personaggio che potesse insegnargli. Fin quando a vent'anni presentò una sua pellicola e la Universal gli fece un contratto di sette anni per dirigere una serie televisiva. Grazie alla sua forza di volontà e intraprendenza noi oggi possiamo godere di sogni cinematografici come E.T. il suo primo film, un capolavoro. 
Ebbe fortuna? Amo pensare che la sua caparbietà gli evitava lo scoraggiamento, amo credere che i suoi occhi brillassero della sua visione: lui vedeva ciò che nessuno poteva credere e  se l'avesse raccontato a qualcuno forse sarebbe stato schiacciato dal peso di commenti e giudizi negativi. Era un ragazzetto senza esperienza. Ma il suo sogno, la sua visione gli fortificarono le ginocchia, gli resero elastica la colonna vertebrale, gli aprirono il sacro chakra della testa: quello che ci collega direttamente col cielo, col settimo cielo!
Fu fortuna o attenta programmazione e forza di volontà? 
Fortuna imperatrix mundi o homo faber fortunae suae?
"L'uomo non è figlio delle circostanze, ma sono le circostanze le creature dell'uomo." B.Disraeli



1 commento:

  1. Mi voglio complimentare per la tua riflessione su di un tema tanto basilare per la nostra quotidianità. Appartengo alla categoria che pensa che sia l'uomo l'artefice della sua sorte in quanto tale condizione è più propria all'esistenza umana stessa. Apprezzo molto il pragmatismo americano e non capisco le ragioni di quanti, pur se a volte con validi motivi, si trincerano dietro posizioni vittimistiche per giustificare le proprie mancate realizzazioni. Il tema comunque in generale è molto complesso e mi affascinano molto le ripercussioni psico-fisiche legate al sentirsi condizionati dalle "fatalità". Ancora complimenti!! Demetrio [@codemetrio]

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