Gli ultimi appunti di Josè Saramago

"Penso che nella società attuale ci manchi la filosofia. Filosofia come spazio, luogo, metodo di riflessione, che può anche non avere un obiettivo determinato, come la scienza che invece procede per soddisfare i suoi obiettivi. Ci manca la riflessione, pensare, necessitiamo del lavoro di pensare e mi sembra che, senza idee, non andiamo da nessuna parte." Gli ultimi appunti di Josè Saramago

Pagine

Condividi sui social networks

Share |

giovedì 20 maggio 2010

GIUDIZIO VS AMORE CREATIVO

Questo che scrivo è in seguito a una conversazione con ajnabee: il dialogo è arricchimento, oggi ne ho di nuovo la prova. Non amo parlare di Teologia, per un motivo tra tutti: la teologia o è vissuto umano intriso di esperienza o è l’ennesima dimostrazione della vacuità dell’uomo che tenta di capire l’assoluto. Dio non è una nozione. Se lo fosse non sarebbe possibile provare dei sentimenti verso di lui. Ogni qual volta Dio è ascritto al regno della nozione religiosa e della normativa, esso viene svuotato di tutto il suo potere creativo. Perché Dio è creatività che si effonde, Dio è la Parola che crea.
Ho imparato a mie spese che la religione (e di religioni su questa terra ce n’è veramente tante!) è una terribile trappola per menti deboli. Mentre la fede è la rivelazione del senso della vita.
La vita di ciascuno è unica e non paragonabile. Ognuno di noi ha un suo proprio pensiero, un suo proprio modo di decidere, una sua propria volontà per arrivare a essere felice. Le regole non sono altro che tormento per il cuore malato di solitudine. Dio è la libertà di provare amore e di ragionare con amore. Coi propri tempi e con la propria esperienza. Dio è colui che mai ha imposto giudizi e mai ne imporrà. E quello che avverrà nel tanto declamato giorno del giudizio per me non ha valore se non alla luce dell’aver fatto e voler fare esperienza sensibile d’amore creativo.
Giudizio di Dio equivale a Misericordia (etimologicamente, cuore sensibile alla miseria) di Dio. Bisogna aver fatto esperienza di comprensione profonda da parte di qualcuno a fronte di un fatto grave commesso per capire questo straordinario attributo di Dio. Se almeno una volta nella vita hai commesso qualcosa di terribile e ti sei sentito ugualmente compreso, amato, stimato, non giudicato, ma liberato, se hai compreso che la persona che ti stava di fronte era uguale a te soprattutto nella miseria interiore, allora forse hai un’idea di cosa sia il giudizio di Dio. Il giudizio che è saggezza, temperanza, tenerezza, dolcezza, fermezza, allegria.
Licenze estroverse? No. Riporto i riferimenti biblici.
“Come il cielo è alto sulla la terra,
così è grande la sua misericordia su quanti lo temono.”  (Salmo 103)
“Ma tu, nostro Dio, sei buono e fedele,
sei paziente e tutto governi secondo misericordia.” (Sapienza 15, 1)
“Si dimentica forse una donna del suo bambino,
così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?
Anche se queste donne si dimenticassero,
io invece non ti dimenticherò mai.” (Isaia 49, 15)
“Anche se i monti si spostassero
E i colli vacillassero,
non si allontanerebbe da te il mio affetto,
né sarebbe in forse la mia alleanza di pace;
dice il Signore che ti usa misericordia.” (Isaia 54, 10)
“Così dice il Signore:
‘Ecco io farò scorrere verso di essa,
come un fiume, la prosperità;
come un torrente in piena
la ricchezza dei popoli;
i suoi bimbi saranno portati in braccio,
sulle ginocchia saranno accarezzati.
Come una madre consola un figlio
così io vi consolerò.” (Isaia 66, 12 – 13)
‘Ti ho amato di amore eterno,
per questo ti conservo ancora pietà.” (Geremia 31, 20)
“Ad Efraim io insegnavo a camminare
tenendolo per mano,
ma essi non compresero
che avevo cura di loro.
Io li traevo con legami di bontà,
con vincoli d’amore;
ero per loro
come chi solleva un bimbo alla sua guancia;
mi chinavo su di lui
per dargli da mangiare.” Osea 11, 3 – 4
Il giudizio più temibile e più pressante è in realtà il proprio, quello che imponiamo a noi stessi. Nel momento in cui ci sentiamo giudicati siamo nel contempo vittima e carnefice di noi stessi. Non esiste alcun deus ex-machina capace di intrappolarci dentro un tribunale della condanna o dell’assoluzione. Il libero arbitrio che possediamo ci consente di decidere per il bene o per il male. Ma la soggettività del giudizio fa sì che esso stesso dipenda da noi. La verità di cui si parla nel vangelo consiste nella libertà maieutica di partorire la nostra interiorità. Io sono immagine di Dio, gli somiglio, eccetto che nel peccato, ossia Dio non è brutto, non fa cose brutte, non storpia e non ammazza, non violenta e non mente, non imbraccia fucili e non sgancia bombe atomiche, non tradisce e non sparla. Ma non ci chiede di copiarlo. Ci consiglia di capire. Non c’è un do ut des. Sarebbe ricatto d’amore. (E quello sì che gli uomini lo sanno fare bene!). Non c’è trappola nell’amore gratuito. L’amore di Agàpe è frutto di conoscenza della verità interiore che ci fa felici, amando ed essendo amati.
Il giudizio è una schifosa storpiatura storica propugnata per secoli per costringere l’uomo in schiavitù, obbligandolo a una morale che nulla ha a che fare col senso di pace e di armonia con se stessi. A questo proposito avevano senz’altro ragione i marxisti a sostenere che la religione è l’oppio dei popoli, ma aveva ancora più ragione Nietzsche quando asseriva che Dio fosse morto. Certamente! Non ne poteva più di parlare e di non essere compreso! Non mi serve spezzare una lancia a favore di Dio, ma con forza propugno la mia idea di libertà dalla schiavitù del giudizio. Se non mi giudica Dio, perché io dovrei giudicare me stessa? Se andiamo da uno psicoterapueta questo sarà il primo lavoro che ci consiglierà di fare: distruggere il giudizio, il falso giudizio e il pregiudizio.
Ma sia ben chiaro (e così rientriamo nell’etica in senso stretto) che questo non mi esenta da un comportamento coscienzioso. Io vivo in questa società, non da sola su un’isola senza contatti. Tengo bene a mente perciò che cos’è la mia libertà, che non può certo essere quella libertà (malata) di fare ciò che voglio, non tenendo conto di chi mi circonda. E’ la relazione armoniosa con me stessa che mi consente di vivere dei rapporti con la natura, le persone, gli affetti, il creato per intero in modo felice, riuscito, appagante. Che su di me non pesi un giudizio non vuol dire che io possa fare secondo la mia morale. Esiste un etica universale che suona all’incirca così per dirla con Agostino: Ama e fai ciò che vuoi. Perché se il tuo parametro è l’amore, le tue intenzioni e la tua azione saranno positive, costruttive. Ma come diceva Bobbio, se non distinguiamo l’etica dei fini dall’etica dei risultati, la nostra azione potrebbe risultare controproducente a livello universale. Qual è dunque il mio parametro?
Io son troppo piccola per rispondere a domande tanto grandi eppure tanto urgenti. La mia summa vitae è una frase di San Giovanni apostolo: Conoscerete la verità e la verità vi renderà liberi. Ma verità e libertà non sono concetti che un uomo di carne possa detenere con presunzione d’assoluto. Lungi perciò da me tutti coloro che credono di detenere verità infallibili. Se il criterio di fallibilità ha fatto decollare la ricerca scientifica ci sarà un motivo. Dopo Popper noi siamo progrediti come mai prima nella storia. Perchè abbiamo capito che è nell’errore che vive l’innovazione.
Se Galileo fosse crollato sotto il peso del giudizio morale del tempo, noi oggi ancora staremmo lì a credere che il sole ci gira intorno.

Nessun commento:

Posta un commento