Gli ultimi appunti di Josè Saramago

"Penso che nella società attuale ci manchi la filosofia. Filosofia come spazio, luogo, metodo di riflessione, che può anche non avere un obiettivo determinato, come la scienza che invece procede per soddisfare i suoi obiettivi. Ci manca la riflessione, pensare, necessitiamo del lavoro di pensare e mi sembra che, senza idee, non andiamo da nessuna parte." Gli ultimi appunti di Josè Saramago

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lunedì 31 maggio 2010

Un'altra Italia è possibile.

Le date dimostrano che la politica dell'ultimo secolo ha buchi di 40 anni nella successione di leadership di spessore. Soprattutto non siamo abituati a farci rappresentare da persone preparate: per fare politica in Italia non si va a scuola, anzi non essere istruiti è sinonimo di successo. O questo è ciò che ci dicono i fatti.
Ora io mi chiedo, se ci vuole un curriculum per aspirare a qualunque posizione lavorativa, perché per prendere i posti più importanti nella gestione di uno Stato, basta essere ladri, pressapochisti, ignoranti e con mille interessi personali da incrementare? Perché non pretendiamo credenziali e referenze da chi si candida? Perché pur venendo a conoscenza di degradanti vicende umane, la nostra coscienza si assenta e continuiamo a dare fiducia a persone eticamente improponibili?


Dall'inizio dei tempi la gestione del potere ha sempre implicato il conflitto di interessi, su questo non scopriamo niente di nuovo e neanche ci vogliamo più stupire. Ma quello che veramente non mi da pace è che questo modo di gestire lares publica abbia però portato alla stratificazione della cultura verso il mero chiacchiericcio: non sappiamo più cosa sono i valori politici, non ne sappiamo di storia, facciamo confusione tra le ideologie (che furono, perché oggi di ideologie origin
ali non c’è più traccia), ci diciamo nostalgici della democrazia cristiana, disputiamo se sia giusto o meno intitolare delle strade a Craxi, ci conformiamo a tutto ciò che la Chiesa solleva come scandaloso, odiamo la scuola (gli insegnanti stessi odiano la scuola), se abbiamo un posto pubblico inneggiamo alla vita comoda e siamo arretrati come un borgo della steppa, se lavoriamo in un'azienda tendiamo continuamente a far le scarpe al collega. Se, peggio ancora, non abbiamo un lavoro, ci vergogniamo e ci sentiamo reietti.
Se oggi mio figlio mi chiedesse spiegazioni, io avrei seri problemi a fargli capire cosa sono i valori della società civile, perché lui mi chiederebbe di mostrarglieli. Cosa gli mostrerei?
Potrei raccontargli la vicenda umana di Gramsci, la sua lotta per l'elevazione etica della società, i suoi duri giorni in carcere a causa delle sue idee. Ma lui mi farebbe presente che Antonio è morto molto tempo fa. Già. Potrei allora dirgli della verve umana di Berlinguer, della sua voglia di Istituzioni a servizio del cittadino, della sua capacità di persuadere alla passione civile e di come proseguì il suo ultimo comizio nonostante un ictus in corso (evento che ce lo portò via). Ma  anche Berlinguer è storia di 40 anni fa.
Mi rimane da mostrargli Nichi Vendola per un motivo tra tutti: il suo senso di tolleranza. Ma parliamoci chiaro: per essere tanto tolleranti, bisogna aver subito molte intolleranze. Non si cresce se non si viene livellati. Vendola dentro la sua persona integra perfettamente la preparazione storico-filosofica, la fede, l'omosessualità come identità, i valori delle proprie radici, la cooperazione sociale, il senso di giustizia, l'elevazione e lo sviluppo della cultura. Dove? Dove il perbenismo impera. Nel paese dove la politica non parla mai chiaro, un giorno si è alzato un letterato e ha cominciato a parlare con amore di chiarezza e con una dialettica da fare scuola. Perché, ed è un fatto, si può andare a scuola di retorica e di comunicazione politica ascoltando Nichi, ma si resta stupefatti dal suo parlare semplice, alla portata di tutti. Mi ha colpito moltissimo l’eleganza e il senso di rispetto espresso a Vittoria durante un’intervista, il suo umorismo delicato, il suo sentirsi piccolo, il suo senso di umiltà.
Ci puoi bere una birra e farti una chiacchierata con Nichi, ci puoi andare a teatro a vedere un’opera lirica, puoi andare nei campi a trebbiare il grano, puoi confrontarti sulla letteratura, puoi andare al cinema, puoi parlare di economia e di sviluppo, puoi farti invitare a pranzo: ti farà due spaghetti e ti offrirà del buon vino, senza che tu debba baciargli l’anello.
Il sapere se non è fruibile e se non si mette al servizio della società è lettera morta. Il potere se non è potere creativo non serve a nessuno, anzi è distruttivo. L’istituzione se non si mette il grembiule e non entra nelle vicende umane della microsocietà per elevarla nella dignità è anche inutile che esista. Oggi noi abbiamo questo valore di rappresentanza (per ora solo in Puglia) grazie a una persona che ha il coraggio di mettere in gioco valori che giacevano moribondi. La malaria del populismo stava rendendo la democrazia una favoletta immorale, la presunta libertà di parola era completamente sotto controllo di chi la parola la usava per sfregiare le coscienze.
Caro figlio mio, quando nascerai io mi auguro che un’altra Italia sia stata possibile. Oggi come oggi, noi qui ne intravediamo l’alba.

2 commenti:

  1. Complimenti per l'articolo, condivido appieno le tue riflessioni.

    Ha colpito molto anche me, la puntata di Victor Victoria (LA7) del 12 Maggio scorso.

    Mi fa apertamente piacere che, anche al di fuori della Puglia, ci sia più di qualcuno che stia avendo modo di poterlo apprezzare.

    Penso che Vendola sia un uomo che, per il coraggio e la capacità di saper connubiare con oculatezza l' esperienza politica alla sensibilità umana, meriti la nostra più sincera stima.

    Un saluto

    Lybra80

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  2. Personalmente non ho mai amato la politica.

    L'ho sempre vista con distacco e ribrezzo, nella convinzione più totale che fosse un qualcosa di predestinato alle caste e ai "servi del potere".

    Adesso, provando ad ascoltare il "racconto alternativo" di Vendola, ho capito che la realtà può anche essere un'altra.

    La politica dovrebbe essere vissuta come è giusto che sia: una "riappropriazione dal basso" da parte dei liberi cittadini, della gente che vuol gridare e denunciare i propri bisogni, le proprie esigenze, o semplicemente le proprie esperienze esistenziali.

    Penso sia prioritario che tutti iniziassimo, da subito, a prenderne coscienza e vigilare.


    Ciao :-)

    Lybra80

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